«Anche se perdessi la vita,
non la considererei sprecata sapendo che
almeno uno di quelli che ho aiutato
è diventato sacerdote al posto mio».
(Don Titus Zeman, cfr. Summarium Documentorum, Doc. 28)
«Era santo ed è morto martire».
(Summarium Testium, Test. XVI, § 322)
Titus Zeman nasce a Vajnory, presso Bratislava, il 4 gennaio 1915: è il primo di 10 figli. A 10 anni, dopo un’infanzia spesso segnata da problemi di salute, guarisce improvvisamente per intercessione di Maria, venerata particolarmente dal popolo slovacco come “Madonna dei Sette Dolori”, come Vergine Addolorata. Quel giorno, nel segreto del suo cuore, Titus le promette di “essere suo figlio per sempre”, condensando, in questa formula, un fermo proposito di consacrazione. Presso il Santuario nazionale di Šaštín, a lei dedicato, erano appena giunti i figli di Don Bosco. Titus decide allora di diventare salesiano sacerdote. Contrasta per due anni l’opposizione della famiglia (troppo povera per pagargli gli studi), del parroco del paese e dello stesso direttore dell’opera salesiana di Šaštín, don Jozef Bokor (che teme per la sua giovane età): “Qui non ne abbiamo, di piccoli come te. Che faremo, quando piangerai e vorrai tornare dalla mamma?”, chiede a Titus don Bokor. Ma Titus non si scompone: ribatte che gli avrebbe fatto da mamma la Santa Vergine Ausiliatrice, e convince don Bokor con queste parole: “Fate quello che volete, ma prendetemi qui”. Farlo desistere, era impossibile. Alla famiglia avrebbe detto: “Se fossi morto, avreste usato i soldi per il mio funerale. Prego usarli per i miei studi”. La famiglia venderà allora un piccolo campo, si farà aiutare da alcuni benefattori e sosterrà Titus nei lunghi anni di studio verso il sacerdozio. Come Gesù dodicenne, Titus, nel 1925-1927 si sintonizza con il primato del Regno e scopre la propria vocazione, allenando la disponibilità a lasciare tutto pur di seguire il suo Signore. Novizio nel 1931, professo temporaneo il 6 agosto 1932 e perpetuo il 7 marzo 1938, ordinato prete il 23 giugno 1940 a Torino, Titus Zeman in quegli anni studia anche in Italia, tra Chieri presso Torino e Roma. Rientrato in patria nell’estate del 1940 prima della chiusura delle frontiere, gli viene chiesto di studiare Chimica e Scienze naturali. Insegnerà in vari istituti slovacchi, mentre affiancherà anche il clero diocesano nella pastorale e sarà cappellano di una congregazione religiosa femminile. Uomo forte nella volontà, di ferrea salute, dal carattere umile e discreto, allegro e capace di costruire salde relazioni di collaborazione e amicizia.
Don Titus Zeman è però, e anzitutto, un salesiano sacerdote. Così, quando nel 1946 – dopo il dramma della Seconda Guerra Mondiale e i difficili anni di transizione che ne seguono – il potere comunista ormai imperante in patria chiede la rimozione dei Crocifissi dalle aule scolastiche, Titus, docente a Trnava, con alcuni altri si oppone: paga con il licenziamento, mentre da tutta la Slovacchia gli arrivano lettere e cartoline di congratulazione per essersi messo a difesa della Croce di Cristo. Stessa disponibilità lo contraddistingue pochi anni dopo quando – in una Slovacchia sempre più controllata dal regime e dove la Chiesa è duramente perseguitata, anche attraverso la reclusione coatta dei religiosi in conventi di concentramento, processi farsa che colpiscono anzitutto i vescovi, e la separazione dei giovani in formazione dai loro superiori – Titus Zeman diventa, con alcuni altri tra cui don Ernest Macák, il responsabile di una coraggiosa azione a salvezza delle vocazioni. Don Ernest resterà in Slovacchia per aiutare chi vi rimane, accogliere il rinnovo dei voti, animare i giovani e non permettere che fosse rubata loro la speranza. Don Titus ne accompagnerà quanti più possibile in Italia, perché potessero completare gli studi di teologia ed essere ordinati sacerdoti, pronti a rientrare in patria ai minimi segnali di cedimento del regime comunista.
Si organizzano così tre passaggi: uno tra agosto e settembre 1950; uno nell’autunno del 1950; l’ultimo nella primavera del 1951. Intanto, l’attività a salvezza delle vocazioni salesiane diventa un canale attraverso cui provare a porre in salvo anche il clero diocesano perseguitato. Dopo essere stato incoraggiato in questa impresa dall’allora rettor maggiore dei salesiani don Pietro Ricaldone, che aveva incontrato a Torino, ed avere superato un difficile momento di prova e di notte oscura nel gennaio 1951, Titus Zeman viene catturato con molti altri nell’aprile 1951. Le accuse, strumentali, sono: spionaggio e alto tradimento. Il procuratore chiede per lui la pena di morte. Ma la fama di Titus e la volontà del regime a “non creare un martire” porteranno alla commutazione della pena in 25 anni di carcere duro senza condizionale, in aggiunta alla perdita dei diritti civili. Titus subirà 13 anni di carcere, pesantemente torturato, irriso, umiliato; quindi quasi 5 anni in libertà condizionata, sempre vessato, spiato e trattato infine come cavia da esperimento. Bratislava, Leopoldov, Ilava, Mírov, Valdice e Jáchymov con la sua terribile “Torre della morte”, dove era destinato alla triturazione manuale dell’uranio radioattivo, sono i luoghi del calvario di Titus Zeman. La sua vicenda si intreccia intanto alla testimonianza di fede di molti altri: la beata suor Zdenka Schelingová, il Servo di Dio Michal Buzalka, Ján Chryzostom Korec – poi cardinale –, don Alfonz Paulen, don Ernest Macák (grande salesiano, morto nel 2016 accompagnato da fama di santità). Titus non ha lottato più di loro: ma con loro e insieme a loro, nella specifica modalità che a lui era stata chiesta. Muore l’8 gennaio 1969. Pochi mesi dopo, un Processo di revisione fa cadere come infondate le infamanti accuse che erano servite strumentalmente al regime per perseguitarlo. Nel 1991, un Processo di riabilitazione lo proclama definitivamente innocente, mentre anche alcuni tra i suoi persecutori, alla fine della loro vita, si convertono e si riavvicinano alla Chiesa, chiedendo (talvolta pubblicamente) perdono per il male fattogli.
Oggi la Chiesa stessa rilegge la vicenda di Titus Zeman in termini di martirio: quella testimonianza suprema, data per amore, a difesa della fede, che causa l’azione violenta del persecutore in odio a questa stessa fede, sino a indurre la morte del Servo di Dio o ad abbreviarne in maniera chiara la vita. Molto conosciuto e pregato, di Titus Zeman è stata pertanto introdotta nel 2010 la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione. La fase diocesana del processo “Super martyrio”, seguita da don Jozef Slivoň SDB quale vicepostulatore, si è conclusa il 7 dicembre 2012 a Bratislava. La Santa Sede ha riconosciuto con Decreto la validità dell’Inchiesta diocesana in data 28 giugno 2013. La Positio super martyrio, redatta da Lodovica Maria Zanet con la collaborazione della dott.ssa Helena Barátová, sotto la direzione del Relatore Vaticano rev. padre Zdzisław Kijas OFMConv., è stata consegnata nella primavera del 2015. In data 7 aprile 2016 i rev. Consultori teologi si sono espressi con voti affermative sul martirio del Servo di Dio. Il 21 febbraio 2017, nella sua Sessione ordinaria anche i Cardinali e Vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi hanno dato parere positivo in merito alla causa di martirio di don Titus Zeman.
Il Santo Padre Francesco in data 27 febbraio 2017 ha autorizzato la Congregazione delle cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante il martirio del Servo di Dio e così si è aperta la strada alla beatificazione di don Titus. Il dono di Titus, fiorito in terra salesiana, diventa così un dono per la Chiesa tutta.
Autore: Lodovica Maria Zanet
Titus Zeman é stato dichiarato beato 30 settembre 2017 a Bratislava, Slovacchia.
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Per approfondire (PDF):
ČECHOVÁ Františka, Il martirio di Titus Zeman nelle carceri della Cecoslovacchia comunista
RICERCHE STORICHE SALESIANE, ANNO XXXII – N. 2 (61) LUGLIO-DICEMBRE 2013